Cosa vuol dire oggi essere un back-end developer? Lo abbiamo chiesto a tre persone che in nesea lavorano in questo ambito: Massimo Ferrante (IT Executive), Massimiliano Di Marco (IT Executive) e Ilenia Turco (IT Specialist). Questo post raccoglie le loro prospettive.
A un osservatore esterno può sembrare a volte che la tecnologia digitale si evolva di continuo e a velocità impressionante: i nostri device sono in grado di fare sempre di più e anche le aziende ci offrono servizi sempre più comodi e intuitivi.
Un back-end developer, però, sa che dietro c’è anche altro: lo stack tecnologico delle aziende, anche delle grandi, spesso è rimasto indietro di qualche “generazione”. Nonostante questo, la loro tecnologia deve comunicare con quella del mondo esterno. E qui entra in gioco il back-end developer. Con un ruolo a metà tra l’archeologo e il mediatore culturale, spesso questa figura deve calarsi in architetture “datate” e trovare il modo di farle comunicare con le più recenti. Il tutto senza che l’utente percepisca una difficoltà.
Per questo, se il front-end developer è interamente proiettato verso il futuro, come avevamo raccontato nel nostro precedente articolo, il back-end developer è un’efficiente combinazione di curiosità e memoria.
La natura del back-end developer discende anche dal tipo di lavoro che si trova solitamente a gestire: la norma è entrare in corsa dentro sistemi già esistenti. In questi casi è necessario saper “alzare il cofano” e sporcarsi le mani.
A volte, però, si ha il lusso di partire da zero. È il caso di un recente progetto in cui abbiamo sviluppato un sistema di rendicontazione delle attività dei PM e dei timesheet delle risorse, per una grande azienda italiana. Avere carta bianca ci ha permesso di lavorare in modo agile ed evoluto.
Abbiamo messo in campo un team composto da due addetti front-end, due addetti back-end e una figura tester, ottimizzando il lavoro con la metodologia Agile Scrum. Come tecnologie abbiamo scelto Angular, Hibernate jpa, Spring, Postgres.
Un altro caso di lavoro costruito “dalle fondamenta” è quello relativo alla piattaforma nesea SportCARE, dedicata alla gestione di eventi sportivi. Un progetto sviluppato internamente che in questi mesi ha raccolto il favore di diverse Federazioni e affrontato con successo la prova di eventi complessi.
In questo caso, trovandoci nell’invidiabile condizione di essere clienti di noi stessi, abbiamo potuto adottare un approccio più creativo e sperimentale, cercando soluzioni nuove e performanti, lavorando con metodologia Agile. In questo caso abbiamo sfruttato i framework Hibernate ORM, Hibernate OGM, Sitemesh, JAX-WS, JAXB, Spring, SwitchYard, ModeShape, AngularJS e le tecnologie Java (J2EE), EJB, MDB, JMS, JPA, JSP, JSTL, Javascript, XSD, XML CSS, XSLT, scripting (bash), JCR, NoSQL.
Pur non essendo un progetto tipico, ci ha mostrato chiaramente come essere aggiornati sulle nuove tecnologie disponibili permetta di lavorare in modo più rapido e con risultati migliori.
In altri casi – la maggioranza – si interviene su sistemi già strutturati. In questo caso il ruolo di un bravo back-end developer è quello di entrare rapidamente in sintonia con gli standard già esistenti, con l’obiettivo di assicurare all’utente un’esperienza fluida e soddisfacente.
È quello che abbiamo fatto di recente, implementando un modulo di business per le ricariche telefoniche di un nuovo operatore mobile. In questo caso abbiamo operato in architettura SOA: lavorando su un sistema consolidato abbiamo potuto mettere in campo un team leggero, con la capacità di svolgere un ruolo di gestione e mediazione tra diversi interlocutori.
Anche in casi come questo, però, è necessario comprendere le peculiarità del business specifico e dello specifico protocollo da implementare. Questo serve sia per l’erogazione del servizio che per integrarsi alla perfezione con le esigenze del cliente.
Il progetto ha sfruttato le tecnologie J2EE, Ejb 3, JPA, Oracle Weblogic, Oracle, Webservices SOAP.
Il lavoro del back-end developer è, com’è ovvio, meno visibile e forse meno raccontato di quello del cugino front-end, ma la sua conoscenza delle architetture, anche datate, è spesso cruciale per la riuscita di un progetto. Perché guardare avanti è importante, ma senza memoria storica non si va lontano.
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